Dalla fisiologia alla psicologia: sintesi di un viaggio nell’evoluzione di una scienza. (2° Parte)

di Giulietta Scacciati

Il nostro breve viaggio nella storia della psicologia, ci porta a ricordare il grande successo e prestigio che ebbe Edward B. Titchener (1867-1927) allievo di Wundt a Lipsia. All’epoca, infatti, la psicologia wundtiana era considerata ancora l’unica e ufficiale; questo approccio la considerava come una scienza di ricerca di base e una disciplina applicata. Titchener, costituì la summa teorica della scuola di Wundt, che definì “approccio strutturalista”. A questo approccio, si contrapposero il filosofo e pedagogista statunitense John Dewey (1859-1952) e James R. Angell, che ripresero in mano le teorie di James, divenendo i principali esponenti della scuola psicologica “funzionalista” di Chicago, opposta a quella ‘strutturalista’ di Titchener: questo approccio, infatti, interpreta i fenomeni psichici non come elementi disgiunti fra loro, ma come funzioni attraverso le quali l’organismo si adatta all’ambiente sociale e fisico.

In questo clima di dispute scientifiche mutarono anche l’oggetto d’indagine, la coscienza, e il metodo di osservazione che fino ad allora era l’introspezione: il primo divenne il comportamento nella sua globalità, ed il secondo l’osservazione pura e semplice, controllata. Lentamente, intorno al 1910, il corpo della disciplina psicologica si trovò completamente sfibrato e non possedeva più una base teorica comune: a ricomporre il nucleo fondamentale di questa disciplina furono lo psicologo statunitense John B. Watson (1878-1958) con l’elaborazione del Comportamentismo, ed in Germania la Gestalt, che fu rilanciata su basi totalmente nuove, interessandosi allo studio dei fenomeni percettivi.

Nel paese teutonico Christian von Ehrenfels (1859-1932), partendo dagli studi sulla percezione di Ernst Mach, studiò che non tutte le percezioni possono essere frutto di combinazioni sensoriali, ma esistono anche delle “Gestalt-Qüalitaten” (qualità-forma), ove la forma è un nuovo elemento che interviene nella percezione.

Alla “teoria della forma” arriveranno solo nel 1920-30, con i primi teorici che saranno Max Wertheimer, Kurt Koffka e Wolfgang Köhler. Questo approccio teorico, ipotizzava che le leggi del mondo psichico non fossero governate da quelle del mondo fisico e che l’influenza del mondo esterno, cioè gli stimoli, hanno un carattere parziale nei processi percettivi, che si svolgono nel sistema nervoso centrale. Parallelamente si sviluppò un’altra impostazione, sempre appartenente alla famiglia comportamentista ma che, sotto l’influsso dell’operazionismo, verrà denominata Neo-Comportamentista e troverà il suo spazio nell’opera di tre illustri psicologi: Edward C. Tolman (1886-1959), che psicologo statunitense fu un noto precursore del cognitivismo e compì studi su piccoli roditori, Clark L. Hull (1884-1952) e Burrhus F. Skinner (1904-1990). Quest’ultimo che ebbe una grossa influenza nel Comportamentismo, e divenne famoso per il suo libro “Il comportamento dell’organismo” del 1938, ove presentò il costrutto di “condizionamento operante”.

Negli anni Trenta del Novecento, il lavoro del matematico inglese Alan M. Turing contribuì ad una radicale trasformazione della psicologia attraverso il suo ‘test di Turing’, cioè dell’ideazione di un criterio secondo il quale si stabilisce la pari capacità di una macchina di elaborare dati come fa un essere umano; questo principio portò all’elaborazione della “Teoria dell’informazione”. Sempre in quegli anni di fermento scientifico, si assistette ad una svolta all’interno del Comportamentismo: nuove prospettive furono introdotte sia dalla psicologa austriaca Anna Freud (1895-1982) che dallo statunitense Gordon W. Allport (1897-1967). Questi due studiosi presero in considerazione degli aspetti che erano stati esclusi a priori dallo studio della psicologia come: il linguaggio, la motivazione, il pensiero, le emozioni e la percezione.

Nel contempo, grazie ad un aggancio più stretto con la neurologia, grazie al lavoro del canadese Donald O. Hebb (1904-1985) nasce il nucleo del modello psicofisiologico, che studierà i processi dell’attività del pensiero e della percezione che acquisteranno rilevanza nello studio dell comportamento in tutta la sua complessità.

Proseguendo il nostro viaggio, un’importantissima spinta all’approccio dello studio psicologico, venne dallo statunitense George A. Miller (1920-2012), fondatore ed esponente del Cognitivismo che, con il suo lavoro, pose le basi della psicolinguistica, e si occupò del linguaggio e del processo di comunicazione.

Il Symposium on Information of Theory tenuto nel Massachusetts Istitute of Technology nel 1956, fu un punto di svolta: cambiò il modo di concepire l’oggetto di indagine psicologica che non sarà più solo il comportamento, ma anche la mente.

Questo fondamentale contributo verrà da Noam Chomsky (1928) e dai suoi studi sull’apprendimento, il linguaggio e la linguistica. Un ulteriore passo in avanti si ebbe con Jerome S. Bruner ed il suo libro “Il pensiero” attraverso il quale, partendo dalla teoria dell’informazione, arrivò alla teorizzazione dello strumento dell’elaborazione umana dell’informazione. Avvertendo l’importanza di arricchire il quadro dell’attività cognitivista, fu finanziato un progetto con lo scopo di dare una risposta ai quesiti sollevati dagli studi dei processi cognitivi: si trattò di una attività interdisciplinare che oltre alla psicologia coinvolse anche la filosofia, l’Intelligenza Artificiale, le neuroscienze, la linguistica e l’antropologia. Questo lavoro diede luogo ad una divisione rilevante ed alla formazione del Connessionismo da parte delle neuroscienze, il cui contributo è ancora oggi un punto di riferimento fondamentale, per capire gli studi della psicologia moderna.

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